martedì 27 settembre 2011

1^parte

Federico II e gli ebrei (vedi nota 1 
Attilio Milano ha scritto nella sua "Storia degli ebrei in Italia": "se la vita degli ebrei meridionali ebbe un periodo completamente fausto, esso coincise con l'ultimo venticinquennio del regno di Federico II. In questo quarto di secolo, il sovrano svevo non solo seppe mettere integralmente a profitto le doti commerciali dei suoi ebrei ed in tale senso li tenne in gran conto, ma egli stesso ne studiò e ne diffuse grandemente il patrimonio spirituale e culturale [...]. Pregiandoli quali uomini di tradizione, di pensiero, di azione, riconobbe loro il massimo della dignità cui potevano ambire".
Per Milano Federico II "fu il più illuminato e il più combattuto monarca del suo tempo", il quale avrebbe dato al Mezzogiorno d'Italia "mezzo secolo di floridezza economica, di assestamento politico e giuridico, di fervore artistico". Inizialmente accondiscente alla Chiesa romana, l'imperatore, nel 1221, avrebbe introdotto, seguendo le disposizioni del quarto concilio lateranense (1215), un segno distintivo per gli ebrei.
Figura del sovrano svevo, dal "De Arte Venandi cum Avibus".
Ma quando i rapporti tra Federico II e il papato entrarono in crisi, lo svevo avrebbe mostrato "il suo veritiero, benevolo volto verso gli ebrei, da lui considerati strumenti essenziali per l'attuazione delle riforme introdotte dal suo governo. Egli fu il primo reggitore in Europa che concepì ed attuò una organizzazione di stato centralizzata e controllata, in cui tutto il movimento economico e finanziario del paese doveva raccogliersi nelle mani del sovrano e della burocrazia a lui sottoposta. Così furono considerati monopolio dello stato sia tutto il commercio con l'estero sia alcuni rami del commercio interno e dell'industria; e parimenti fu istituita una vasta rete di fiere, specie nella parte continentale del regno. In questo ordinamento statale accentrato, è chiaro il motivo per cui Federico tenesse particolarmente a vedere inseriti e attivi gli ebrei: non solo per le loro specifiche doti mercantili, ma anche perché, agendo essi stessi come un corpo internamente organizzato, risultava più facile guidare e controllare la loro attività".
Secondo Milano l'attività commerciale degli ebrei sarebbe stata agevolata al tempo di Federico II oltre che dalle fiere da lui istituite anche dalla "relativa sicurezza delle strade" che "facilitava lo spostamento di persone e di merci da luogo a luogo". La costruzione di una nuova sinagoga a Trani, avvenuta nel 1247, era, per Milano, un chiaro indizio della fioritura delle comunità ebraiche meridionali durante gli ultimi decenni del governo di Federico II, da considerare quindi per gli ebrei un "periodo completamente fausto".
Una diversa valutazione dell'atteggiamento di Federico II verso gli ebrei è stata espressa da David Abulafia. Secondo lo storico inglese ci sarebbero delle "questioni" che potrebbero "gettare un velo di dubbio sulla tolleranza di Federico – elogiata da molti storici – nei confronti degli Ebrei". E a questo punto Abulafia cita la legislazione federiciana del 1221 riguardante gli ebrei e le prostitute: "Entrambe le categorie dovevano indossare abiti atti a distinguerle (sia pur diversi tra loro) e ai giudei era fatto obbligo di farsi crescere la barba, mentre le prostitute, costrette a vivere all'esterno della cinta muraria, potevano recarsi in città ed essere ammesse un giorno la settimana ai bagni pubblici". Secondo Abulafia, "nell'ottica di Federico" sarebbe stata "evidente" la "connessione tra Ebrei e meretrici: due gruppi marginali che minacciavano, a suo giudizio (o piuttosto a quello delle sue fonti tardo-romane e canoniste), di "contaminare" la società cristiana in cui erano inseriti".

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