martedì 27 settembre 2011

Primo ritorno in palestina...

Così gli ebrei superstiti furono indotti a pensare, a partire dal 1000-1200, che se poteva essere legittimo per i cristiani un diritto alla conquista di terre sotto il pretesto che si trattasse di quelle in cui era nata la loro religione, legittimazioni del genere potevano valere a maggior motivo per loro: che in Palestina avevano avuto, prima dei romani, un territorio e un regno e, appunto, la culla della loro cultura religiosa. Per la prima volta cosi, nell’ebraismo, la nostalgia degli esuli si trasforma, da dato morale e affettivo, in aspirazione territoriale. E sono appunto dell’epoca immediatamente successiva alle crociate le prime emigrazioni in Palestina di gruppi organizzati di ebrei, numericamente certo piccolissimi, che si trasferiscono in Terra Santa per abitarvi e per lavorarvi, e quindi per prendervi un determinato possesso territoriale, sia pure col solo fatto di risiedervi, naturalmente in amicizia ed armonia con le popolazioni musulmane locali. Tolti questi episodi, la storia più antica conosce, dalla caduta dello Stato ebraico in Giudea, due sole brevi fasi in cui 1’ebraismo, anziché "Diaspora" (dispersione, ossia esilio) e raggruppamento di minoranze in paesi stranieri, è riunione del popolo di Abramo in un territorio autonomo e in una religione nazionale: sono il "regno ebraico della Yemen", fra il V e il VI secolo, retto intorno a un nucleo ebraico da arabi convertiti, e, in Russia fra 1’VIII e il X secolo, il regno dei cazari, turco-rnongoli essi pure convertiti

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